Estinzione del reato per condotte riparatorie, persona offesa e pubblico ministero possono opporsi?

L’istituto disciplinato dall’art. 162 ter c.p. prevede che, per i reati procedibili a querela soggetta a remissione, il giudice può dichiarare estinto il reato se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l’imputato ha riparato integralmente il danno.

I presupposti per ottenere l’estinzione del reato sono due: 1) la riparazione integrale del danno; 2) l’osservanza del limite temporale.

La Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 41899/2024, Sez. V, ha ribadito che i requisiti per l’applicazione dell’istituto sono due, non rilevando l’eventuale opposizione formulata dal P.M. o dal difensore della parte civile.

La decisione ha evidenziato che la disposizione in esame, a differenza di quanto previsto dall’art. 469 c.p.p., non prevede la facoltà in capo al PM e all’imputato di opporsi.


Pertanto, il giudice potrà dichiarare l’estinzione del reato procedibile a querela nell’ipotesi in cui il risarcimento avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento e sia integrale, senza che PM e difensore della parte civile possano opporsi.

Giova, infine, rilevare che la disposizione in esame non può essere applicata al reato di stalking ex art. 612 bis c.p., espressamente escluso dall’ultimo comma dell’art. 162 ter c.p.

Regime speciale ex art. 41 bis, può essere imposto ai familiari del detenuto di coprire i tatuaggi durante i colloqui?

La vicenda giudiziaria decisa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 40592/2024 tra origine dall’impugnazione dell’ordinanza di rigetto, emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari, che non aveva accolto l’istanza di un detenuto sottoposto al regime speciale ex art. 41 bis.

Il detenuto aveva richiesto la revoca o la modifica delle disposizioni dipartimentali che avevano imposto anche ai suoi familiari, durante lo svolgimento dei colloqui periodici, di coprire i tatuaggi, in quanto attraverso gli stessi potevano essere veicolati messaggi criptici.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva ritenuto legittima la prescrizione imposta in quanto, durante i colloqui, ben potevano essere veicolati messaggi verso l’esterno attraverso i tatuaggi, tenuto conto dell’elevata pericolosità dei detenuti sottoposti al regime speciale.

Tatuaggi in regime 41 bis

La Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso evidenziando che le prescrizioni dipartimentali, innegabilmente limitative della libertà individuale, siano giustificate dalla necessità di impedire collegamenti tra detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali e sodali ancora in libertà.

Ne consegue che il detenuto sottoposto al regime ex art. 41 bis dell’ Ord. Pen., proprio per il regime speciale richiamato, può subire ulteriore e specifiche limitazioni purché dirette a contrastare specifici e seri pericoli.

Il differente regime restrittivo rispetto ai detenuti ordinari mira ad impedire che i detenuti “speciali” possano continuare ad impartite direttive agli affiliati in stato di libertà, mantenendo inalterato il sistema criminale.

Risponde del reato di getto pericoloso di cose il sindaco che non interviene nel caso di malfunzionamento di un depuratore Comunale?

Il protagonista della vicenda giudiziaria vagliata dalla Suprema Corte di Cassazione è un Sindico chiamato a rispondere della contravvenzione ex art. 674 c.p. (𝗴𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝘀𝗲), in quanto un considerevole quantitativo di reflui provenienti dall’impianto di depurazione comunale finivano in mare, imbrattando le acque marine.

La sentenza di condanna, confermata in appello, veniva impugnata innanzi alla Suprema Corte di Cassazione che dichiarava inammissibile il ricorso del sindaco, rilevando che, “in base alla disciplina sugli enti locali, i dirigenti hanno un dovere di controllo limitato al corretto esercizio della funzione di programmazione generale e, quanto al sindaco, dei compiti di ufficiale del governo, restando esclusa la responsabilità del sindaco per situazioni derivanti da problemi di carattere tecnico-operativo”.

L’art. 107 TUEL prevede la delega ai dirigenti amministrativi dell’ente di autonomi poteri organizzativi e dunque permane comunque in capo al sindaco, quale figura politicamente ed amministrativamente apicale del comune, il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attività autorizzate.

Egli ha, inoltre, il 𝗱𝗼𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮𝗿𝘀𝗶 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗴𝗹𝗶 𝘀𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗻𝗼𝘁𝗲 𝘀𝗶𝘁𝘂𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶, 𝗻𝗼𝗻 𝗱𝗲𝗿𝗶𝘃𝗮𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗮 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝗴𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗲𝗱 𝗼𝗰𝗰𝗮𝘀𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗶 𝗲𝗺𝗲𝗿𝗴𝗲𝗻𝘇𝗲 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗶𝗰𝗼-𝗼𝗽𝗲𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲, 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗼𝗻𝗴𝗮𝗻𝗼 𝗶𝗻 𝗽𝗲𝗿𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝗹𝗮 𝘀𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗲 𝗼 𝗹’𝗶𝗻𝘁𝗲𝗴𝗿𝗶𝘁à 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗺𝗯𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲.

La Corte ha evidenziato che, nonostante il primo cittadino fosse a conoscenza delle problematiche discendenti dal cattivo funzionamento dell’impianto di depurazione nonché delle possibile conseguenze sull’ambiente, ha omesso ogni intervento diretto a porre rimedio alla situazione di pericolo, originata dai ripetuti sversamenti di reflui in mare.

Il reato di getto pericoloso di cose è un reato contravvenzionale spesso contestato anche a società che, a seguito di complesse lavorazioni, emettono fumi molesti o emissioni odorigene nocive per la salute umana.

Nel caso di fumi o emissioni odorigine è indubbio che l’accertamento tecnico necessario per la contestazione del reato sia particolarmente complesso anche per la durata delle predette e per la difficile individuazione delle fonti allorquando più attività industriali si trovino nella stessa area.

Nell’ipotesi di una contestazione per getto pericoloso di cose è opportuno rivolgersi immediatamente ad un Avvocato Penalista.