Guantanamo: il buco nero dei diritti umani

I mass media di tutto il mondo poche ore fa hanno diffuso la notizia dell’accordo intercorso tra tre terroristi, accusati degli attacchi nel 2021 alle Torri Gemelle, e la giustizia militare americana.

Con questo accordo, frutto di trattative durate diversi anni, i tre detenuti si sono dichiarati colpevoli del reato di cospirazione e di circa tremila omicidi, accettando il carcere a vita pur di sfuggire alla pena di morte.

Uno dei tre attentatori, Khalid Shaikh Mohamed, è un ingegnere che ha studiato negli Stati Uniti e, secondo l’accusa, avrebbe elaborato il piano per l’attacco.

Lo avrebbe proposto personalmente a Osama Bin Laden nel 1996 e nel 2001 avrebbe contribuito a metterlo in pratica.

I detenuti, catturati in Pakistan nel 2023, hanno trascorso diversi anni, dapprima, in un istituto penitenziario Cinese, rimasto segreto e, poi, sono stati trasferiti nel Campo di Prigionia di Guantanamo.

Sono rinchiusi, come tanti altri, da circa 20 anni in attesa di un processo, mai iniziato sia per le dimissioni continue di avvocati e giudici, sia perché le confessioni sono state estorte con reiterate torture e, quindi, con evidenza inutilizzabili come mezzo di prova.

Secondo quanto riportato negli atti, la mente dell’attacco alle Torri Gemelle avrebbe subito 183 episodi di waterboarding.

Si tratta di una forma di tortura consistente nell’immobilizzare un individuo in modo che i piedi si trovino più in alto rispetto alla testa e nel versargli acqua sulla faccia in modo che la predetta, entrando dagli orifizi respiratori, stimoli il riflesso faringeo che provoca l’effetto di annegamento.

Le condizioni di Guantanamo sono state definite inumane da chi ha potuto visitare la struttura e, quindi, apertamente lesive dei diritti umani tutelati dalla Convenzioni Internazionali.

Da alcuni la struttura è stato definita “il buco nero dei diritti umani“.

Le continue torture inflitte ai prigionieri hanno causato gravi conseguenze fisiche e psichiche, tali, in alcuni casi, da impedire l’avvio del processo per la sopravvenuta incapacità dell’accusato di parteciparvi in modo consapevole.

All’interno dell’istituto di pena sono transitati, in venti anni, circa 780 detenuti, alcuni sono stati condotti presso la struttura senza un’accusa formale.

Nonostante l’accordo raggiunto tra presunti colpevoli e la giustizia militare, i familiari delle vittime, tempestivamente informati, hanno manifestato il proprio sdegno, in quanto la punizione emessa dall’autorità giudiziaria doveva essere un’altra: la pena di morte.

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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