Oggi il tema è caldo, torniamo ad esaminare il reato di diffamazione ex art. 595 c.p., soffermandoci sulle problematiche connesse all’individuazione del giudice competente per territorio.
I due protagonisti della vicenda giudiziaria venivano tratti a giudizio per il reato di diffamazione aggravata per aver trasmesso un servizio televisivo “Speciale le Iene, delitto Garlasco, la verità di Alberto Stasi” in cui si insinuava un coinvolgimento nell’omicidio di Chiara Poggi della sig.ra S.C., la quale presentava una denuncia/querela per aver subito un’ evidente lesione della reputazione, da cui originava un procedimento penale a carico dell’autore e del conduttore della trasmissione.
Il giudizio penale subiva un immediato arresto in quanto la difesa degli imputati sollevava l’incompetenza del Tribunale di Milano, in favore del Tribunale di Monza, secondo quanto previsto dall’art. 9 co. 1 del c.p.p.
Il giudice, rilevando la sussistenza di un contrasto in giurisprudenza circa l’individuazione della competenza per territorio con riferimento al reato di diffamazione mediante trasmissione radiotelevisive con attribuzione di un fatto determinato, ha rimesso la decisione alla Corte di Cassazione.
Di seguito i due orientamenti contrastanti:
- in tema di diffamazione con il mezzo delle trasmissioni radiotelevisive, la competenza per territorio deve essere fissata, in applicazione dell’art. 30 co. 5 della L. n. 223/1990, nel foro di residenza della persona offesa;
- diversamente, eccetto che con riferimento ai soggetti indicati nella norma ovvero per il concessionario privato, la concessionaria pubblica o la persona delegata al controllo della trasmissione, trova applicazione l’art. 9 co. 1 c.p.p.
Deve rilevarsi, altresì, che la Corte Costituzionale con sentenza n. 150/2021 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 30 co. 4 della L. n. 223/1990, disposizione inscindibilmente collegato al comma 5 richiamato nella parte che precede.
In particolare, l’art. 30 co. 5 della legge citata prevede che “per i reati di cui ai commi 1,2 e 4 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’art. 21 della L. n. 47/1948. Per i reati di cui al co. 4 il foro competente è determinato dal luogo di residenza della persona offesa.
Vediamo di seguito la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha vagliato i due orientamenti antitetici elaborati in giurisprudenza, partendo dall’analisi della pronuncia della Corte Costituzionale.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale del co. 4 dell’art. 30 incide esclusivamente sul trattamento sanzionatorio, senza limitare gli effetti della regola speciale di competenza territoriale che, peraltro, è stata introdotta con la L. del 1990 per tutelare la persona offesa.
La L. del 1990 ha indicato quale criterio del radicamento della competenza territoriale con riferimento alle condotte integranti il reato di diffamazione, commessa in occasione di trasmissione radiotelevisive mediante l’attribuzione di un fatto determinato, il luogo di residenza della persona offesa.
Di contro l’obiettivo dell’intervento costituzionale era quello di apprestare una tutela rafforzata alla libertà di pensiero, minacciata da una sanzione detentiva.
Di conseguenza, sebbene il co. 5 richiami il co. 4 dell’art. 30, non vi è stato alcun intervento diretto a “colpire” il criterio di competenza territoriale che, come esposto, assicura una tutela rafforzata alla vittima e, pertanto, risulta non intaccato dall’intervento costituzionale.
Va rilevato, altresì, che una lettura organica dei differenti orientamenti giurisprudenziali e della sentenza della Consulta consente di affermare che nell’ipotesi di condotta diffamatoria commessa nel corso di una trasmissione televisiva mediante l’attribuzione di un fatto determinato, la competenza territoriale andrà radicata innanzi la giudice del luogo di residenza della persona offesa.
Composto il contrasto giurisprudenziale, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 26919/2024 ha indicato la competenza territoriale del Tribunale di Milano, foro della persona offesa del reato.