La raccomandazione per il conferimento di un incarico pubblico integra il reato di abuso d’ufficio?

La raccomandazione nel nostro paese è un fenomeno diffuso.

Gli episodi riguardano indistintamente il settore privato e quello pubblico e, talvolta, hanno determinato l’istaurazione di procedimenti penali a carico del segnalante.

La vicenda decisa dalla Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 40428/2023 ha vagliato il comportamento di un dirigente della PA che aveva segnalato il fratello per il conferimento di un incarico a direttore di una Direzione comunale, procurando intenzionalmente al medesimo un ingiusto vantaggio patrimoniale, costituito sia dalla nomina illegittima (in quanto avvenuta in violazione del regolamento degli uffici e servizi comunali, in punto di valutazione comparativa dei curricula degli aspiranti dirigenti), sia dall’attribuzione di una fascia retributiva superiore a quella già posseduta.

La decisione, lo anticipiamo, ha escluso la responsabilità dell’imputato per il reato di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p.

Occorre rilevare che la fattispecie in esame sanziona la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto.

Ebbene, nel caso esaminato dal Supremo Consesso la segnalazione posta in essere dall’imputato era stata operata al di fuori dello svolgimento delle funzioni, facendo valere esclusivamente la propria influenza politica nell’ambito dell’amministrazione del Comune.

Risultava, pertanto, mancante l’elemento richiesto dal reato, in quanto la condotta non era stata posta in essere nello svolgimento delle funzioni o del servizio.

Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione, in modo costante, ha affermato che, ai fini dell’integrazione dell’elemento oggettivo del reato di abuso d’ufficio, è, dunque, necessario che la condotta sia realizzata attraverso l’esercizio del potere pubblico attribuito al soggetto agente, configurando i comportamenti non correlati all’attività funzionale, o meramente occasionati da essa, una mera violazione del dovere di correttezza, non rilevante ai sensi dell’art. 323 c.p. anche se in contrasto di interessi con l’attività istituzionale.

La carenza del requisito dello svolgimento delle funzioni di ufficio non può essere superata, ricorrendo allo schema della realizzazione concorsuale del delitto per cui si procede e, dunque, ritenendo che l’intervento del segnalante, pur privo del connotato funzionale richiesto dal legislatore, abbia influito sull’esercizio della funzione di altro pubblico ufficiale, munito del potere di provvedere a designare, nell’esercizio delle proprie funzioni.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, non integra il tentativo di abuso di ufficio la condotta del pubblico funzionario che, con “raccomandazioni”, anche articolate ed insistenti, sollecita altri pubblici ufficiali a compiere atti di competenza del loro ufficio, in quanto l’abuso richiesto dall’art. 323 c.p. deve realizzarsi attraverso l’esercizio del potere per scopi diversi da quelli imposti dalla natura della funzione attribuita.

In tema di concorso di persone nel reato, la mera “raccomandazione” o “segnalazione” non ha di per sé un’efficacia causale sul comportamento del soggetto attivo, il quale è libero di aderirvi o meno secondo il suo personale apprezzamento, salvo che essa sia caratterizzata da ulteriori comportamenti positivi o coattivi, nella specie non dimostrati, che abbiano efficacia determinante sulla condotta del soggetto qualificato, costituendo in tale caso una forma di concorso morale nel reato.

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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