Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è integrato anche se il coniuge debole rinuncia a parte del mantenimento?

Iniziamo velocemente ad inquadrare la fattispecie penale di “violazione degli obblighi di assistenza familiare” disciplinata all’art. 570 c.p.

La disposizione sanziona con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro la condotta di chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge;

2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.

Il quesito a cui ha dato risposta di recente la Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 30150/2023 è il seguente:

E’ integrato o meno il reato di cui all’art. 570 co. 2 c.p. nell’ipotesi in cui tra i due coniugi venga concordata la rinuncia a parte della somma fissata dal giudice a titolo di mantenimento in favore del figlio minore?

 

Secondo la giurisprudenza l’accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l’omologazione.

Si è precisato che l’autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta senza poter però compromettere l’interesse morale e materiale della prole.

Il patto non può escludere o limitare il diritto del minore al mantenimento, essendo il negozio privato concluso vincolante solo tra le parti, ma non tale da legittimare condotte omissive tese a ledere il diritto del minore al conseguimento dei necessari mezzi di sussistenza.

Pertanto, sui genitori grava un’obbligazione legale che non può essere derogata da un accordo tra le parti.

In ragione di quanto esposto, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla difesa dell’imputato, confermando la pronuncia di condanna emessa dai giudici di merito per il reato di cui all’art. 570 co. 2 c.p.

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

Lascia un commento