Responsabilità penale del sanitario per il rilascio di un certificato di idoneità sportiva agonistica a paziente con evidenti problemi cardiaci.

Oggi ci soffermiamo su un caso che ha dato luogo ad un’ipotesi di responsabilità medica per il rilascio di un certificato di idoneità sportiva agonistica ad un paziente con patologie tali da metterne in pericolo la vita.

Il giovane atleta, difatti, poco dopo, è deceduto durante un allenamento per le patologie sottovalutate dal medico che ne aveva attestato l’idoneità.

Il sanitario è stato condannato per il reato di omicidio colposo ex art. 589 c.p. con sentenza confermata dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. Penale n. 20943/2023).

La disposizione prevista dal Codice Penale sanziona la condotta, anche omissiva, di chiunque per colpa e, quindi, a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, cagiona la morte di una persona.

La pena prevista è compresa tra i 6 mesi e i 5 anni di reclusione.

In ambito medico, l’instaurazione della relazione terapeutica tra medico e paziente è fonte della posizione di garanzia che il primo assume nei confronti del secondo, da cui deriva l’obbligo di attivarsi a tutela della salute e della vita.

“Nel corso del processo era emerso che la vittima si era recata presso un Poliambulatorio al fine di effettuare una visita medico-sportiva, finalizzata al rilascio di un certificato di idoneità sportiva agonistica; l’imputato, medico specialista, lo sottoponeva ad un ecg da sforzo e rilasciava certificazione di idoneità alla pratica agonistica del ciclismo. A distanza di poco più di un anno, il medico visitava nuovamente la vittima, previa esecuzione dell’ecg da sforzo ritenuto nella norma, certificando nuovamente al paziente l’idoneità alla pratica agonistica del ciclismo, richiedendo, tuttavia, di effettuare un “ecocardiogramma per extrasistolia in fase di recupero”. L’atleta si recava dal proprio medico di base per ottenere la prescrizione medica di tale esame, poi eseguito il mese successivo, con diagnosi “dilatazione biventricolare. IM ed IP lievi”.

A distanza di cinque mesi, l’atleta si recava nuovamente dal medico di base, segnalando che da tempo avvertiva affaticamento in occasione dello svolgimento di attività fisiche ; il medico di base, pertanto, gli prescriveva di sottoporsi ad un ECG da sforzo, che la persona offesa prenotava. Prima dell’effettuazione di tale visita, però, l’atleta, dopo 30 minuti del consueto allenamento ciclistico, si accasciava sul ciglio della strada e poco dopo ne era constatato il decesso.

L’autopsia evidenziava che la morte era dovuta ad “arresto cardiaco acuto recidiva d’infarto in soggetto con esiti di pregresso infarto del miocardio antero-settale in sede subendocardica, cardiomiopatia ipertrofico-dilatativa e coronaropatia“.

Sulla base di tale ricostruzione i giudici di merito hanno affermato la penale responsabilità del medico, rilevando che se non avesse rilasciato il certificato di idoneità sportiva agonistica disponendo ulteriori accertamenti, con molta probabilità, non si sarebbe verificato il decesso.

L’imputato, invece, con il proprio comportamento ha violato le regole cautelari alla base della responsabilità per colpa ex art. 43 c.p., che impongono allo specialista di operare secondo diligenza e perizia.

La diagnosi superficiale effettuata è stata ritenuta idonea a determinare l’evento morte che non si sarebbe verificato se lo sportivo non avesse svolto l’allenamento, consentito soltanto in virtù della certificazione rilasciata.

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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