Integra il reato di stalking l’aver costretto qualcuno a chiudere il profilo personale su facebook?

In questa estate, quasi ogni giorno, i mass media raccontano episodi di violenza, che, sempre più spesso, sono perpetrati contro le donne anche mediante il web.

La ripetizione quasi angosciante di casi mi ha spinto a recuperare una sentenza pronuncia di recente dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. Penale n. 24360/2023), che si è soffermata sulla relazione tra il reato di stalking e l’uso dei social network, con specifico riferimento a Facebook.

Protagonista è un uomo accusato di plurimi reati commessi ai danni della sua ex, tra i quali quello di stalking disciplinato dall’ art. 612 bis del codice penale.

La disposizione di cui sopra sanziona la condotta connotata da reiterata minaccia o molestia ai danni della vittima che sia tale da determinare alternativamente uno dei tre eventi che seguono: 1) un perdurante e grave stato di ansia o di paura; 2) ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva 3) costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.

L’imputato che chiameremo Tizio veniva condannato in primo grado con sentenza poi confermata in appello per aver posto in essere plurime condotte di minaccia, denigrazione, pedinamento ai danni della ex, così cagionandole un perdurante e grave stato di ansia e di paura, costringendola anche a cambiare le sue abitudini di vita e, in particolare, a cambiare numero di telefono, a chiudere il suo profilo Facebook e, persino, a evitare di accompagnare il figlio agli allenamenti sportivi.

La Suprema Corte di Cassazione ha rilevato con la pronuncia n. 24360/2023 che la chiusura del profilo personale su Facebook integra, senza dubbio, un’ipotesi di alterazione delle proprie abitudini di vita, in considerazione del ruolo ricoperto dai social, che consentono quotidianamente di esternare il proprio pensiero e di mantenere i contatti con amici e familiari sul web.

I precedenti arresti giurisprudenziali avevano ritenuto penalmente rilevanti le offese, le minacce mediante il web o l’invio di e-mail denigratorie.

Oggi, invece, con questa pronuncia si riconosce ai social network un ruolo centrale nello sviluppo e nella conservazione delle relazioni sociali.

E’ evidente che l’aggressione dei canali di comunicazione virtuale può arrecare un grave pregiudizio alla libertà della persona.

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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