La storia che voglio raccontarvi ha come protagonisti un uomo e una donna che intrattengono una relazione extraconiugale segreta ai rispettivi coniugi. Un giorno però lui, che chiameremo Claudio, inizia a minacciare l’amente, che chiameremo Serena, per costringerla ad avere dei rapporti sessuali e, al contempo, le richiede una somma di denaro per non rivelare al marito la relazione amorosa.
Serena dopo le reiterate minacce patite decide di denunciare Claudio per il reato di tentata violenza sessuale. Il reato in esame previsto dall’art. 609 bis c.p. punisce con la reclusione da sei a dodici anni la condotta di chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Claudio sceglie di patteggiare la pena e, poi, di ricorrere davanti alla Suprema Corte di Cassazione, rilevando che la condotta addebitatagli era stata erroneamente sussunta nel reato di violenza sessuale nella forma tentata ritenendo, invece, presenti gli elementi costitutivi del reato di tentata estorsione ex art. 629 c.p.
Il giudice avrebbe commesso un errore nella qualificazione della condotta contestata.
La fattispecie ex art. 629 c.p. punisce con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000 la condotta di chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. La pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.
Ebbene, in entrambi i reati ricorrono in via alternativa gli elementi della minaccia e della violenza da cui deve discendere la costrizione della vittima, tuttavia, occorre notare che nella fattispecie di cui all’art. 609 bis c.p. la violenza o minaccia coarta sono rivolte a limitare la libertà sessuale altrui con la finalità di appagare la propria libido sessuale e risulta estranea alla sfera patrimoniale del soggetto passivo.
Nel reato di estorsione, invece, la condotta dell’autore, connotata da violenza o minaccia, è diretta ad ottenere un ingiusto profitto. Emerge, quindi, che il primo reato si pone in rapporto di specialità con il secondo.
La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, con la pronuncia n. 17717/2022, ha confermato il principio di cui sopra secondo cui “è configurabile il tentativo del delitto di violenza sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta dal primo denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell’idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale”.
Claudio dovrà quindi scontare la pena concordata per il reato di tentata violenza sessuale.