Il caso affrontato dalla Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13264/2025, investe il tema della qualifica di pubblico ufficiale in capo all’agente della polizia municipale che interviene, in abiti civili e fuori servizio, per sventare una truffa.
๐๐น ๐ฐ๐ฎ๐๐ผ: un agente della polizia municipale interveniva in abiti civili e fuori dal servizio per sventare una truffa ai danni di un automobilista.
L’autore del reato veniva condannato, con sentenza confermata in Appello, per il reato di resistenza a un pubblico ufficiale ex art. 337 c.p..
๐๐ฎ ๐ฑ๐ถ๐ณ๐ฒ๐๐ฎ: l’imputato, per il tramite del difensore, ha proposto ricorso per Cassazione contestando la sussistenza della qualifica di pubblico ufficiale in capo alla persona offesa, in quanto quest’ultima interveniva in abiti civili e fuori dall’orario di servizio.

๐๐ฎ ๐ฑ๐ฒ๐ฐ๐ถ๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ: La Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso evidenziando che gli appartenenti alla polizia municipale sono agenti di polizia giudiziaria in forza del combinato disposto dell’art. 5 della I. n. 65 del 7 marzo 1986 e dell’art. 57, comma 2, lett. b) c.p.p. purchรฉ, quando
esercitano il loro potere di intervento, si trovino nell’ambito territoriale dell’ ‘ente di appartenenzaยป durante il servizio e rispettino le attribuzioni loro riconosciute tra le quali l’accertamento dei reati.
“La locuzione contenuta nell’art. 57, comma 2, lett. b) cod. proc. pen. ยซ๐พ๐๐ฎ๐ป๐ฑ๐ผ ๐๐ผ๐ป๐ผ ๐ถ๐ป ๐๐ฒ๐ฟ๐๐ถ๐๐ถ๐ผยป va interpretata in chiave funzionale, cioรจ con riferimento al rapporto di impiego e non all’orario di lavoro.
Ne consegue che la condotta illecita del ricorrente รจ stata commessa mentre l’agente della polizia municipale compiva un atto dell’ufficio di appartenenza, con conseguente integrazione del reato ex art. 337 c.p.