La vicenda giudiziaria scelta per la rubrica “Dialoghi Penali” offre l’occasione per esaminare la configurabilità del reato di molestia o disturbo alle persone ex art. 660 c.p. attraverso l’invio di e-mail.
La fattispecie penale avente natura contravvenzionale sanziona il recare molestia o disturbo alle persone senza alcun valido motivo, commesso in un luogo pubblico o privato nonché per mezzo del telefono.
La condotta dell’autore deve essere sorretta da petulanza o da latro biasimevole motivo, con conseguente dimostrazione, da parte dell’accusa del dolo specifico.
Il bene giuridico tutelato è individuabile nell’ordine pubblico e di riflesso nella salvaguardia del privato leso da comportamenti fastidiosi.
Nel caso in esame, l’imputato, a cui era contestata l’ipotesi contravvenzionale ex art. 660 c.p., aveva inviato alla persona offesa differenti messaggi telefonici mediante il sistema short message system ovvero con il sistema whatsapp, nonché a mezzo e-mail.
Il giudice di Prime Cure, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, emetteva sentenza di condanna nei confronti dell’accusato, ritenendo integrato il reato.
Contro la decisione veniva proposto atto di appello, correttamente qualificato come ricorso per cassazione, con il quale venivano sollevati plurimi motivi di doglianza:
- Violazione di legge e vizio di motivazione per omessa dimostrazione che i messaggi e le comunicazioni fossero state effettuate per motivi molesti;
- Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la decisione non aveva dato adeguata motivazione circa il diniego del riconoscimento dell’esimente ex art. 131 bis c.p.
La decisione della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 8231/2025) è interessante nella parte in cui ha evidenziato che la configurabilità del reato è esclusa dall’invio di e-mail, anche se occorre operare qualche precisazione.
La disposizione ex art. 660 c.p., come esposto, punisce i comportamenti molesti posti in essere anche attraverso il mezzo del telefono e, pertanto, non sussistono dubbi in ordine alla configurabilità del reato se commesso mediante l’invio di messaggi o chiamate reiterate, che determinano un’immediate interazione tra il mittente e il destinatario.
Sul punto, in precedenza, in un caso analogo, la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 28959/2021) ha osservato “ai fini della configurabilità della contravvenzione de qua, allo strumento del telefono possono essere equiparati altri mezzi di trasmissione, tramite rete telefonica e rete cellulare delle bande di frequenza, di voci e di suoni purchè imposti al destinatario, senza possibilità per lui di sottrarsi alla immediata interazione con il mittente…è, conseguentemente, esclusa, a contrario, l’ipotizzabilità del reato in esame nel caso di molestie recate con il mezzo della posta elettronica, perché in tal caso nessuna immediata interazione tra il mittente ed il destinatario si verificherebbe nè un’ intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo… l’ azione del mittente si esaurisce nella memorizzazione di un documento di testo (colla possibilità di allegare immagini, suoni o sequenze audiovisive) in una determinata locazione dalla memoria dell’elaboratore del gestore del servizio, accessibile dal, destinatario; mentre la comunicazione si perfeziona, se e quando il destinatario, connettendosi, a sua volta, all’elaboratore e accedendo al servizio, attivi una sessione di consultazione della propria casella di posta elettronica e proceda alla lettura del messaggio, dunque, contrariamente alla molestia recata con il telefono, alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, nel caso di molestia tramite posta elettronica una tale forzata intrusione nella libertà di comunicazione non si potrebbe verificare, con la necessaria precisazione, imposta dal progresso tecnologico, nella misura in cui esso consente con un telefono “attrezzato” la trasmissione di voci e di suoni in modalità sincrona, che avvertono non solo l’invio e la contestuale ricezione di sms (short messages system), ma anche l’invio e la ricezione di posta elettronica.
La Corte, pertanto, ha escluso le email dal novero degli strumenti mediante i quali può essere consumata la molestia nell’ipotesi in cui la percezione da parte del destinatario del disturbo non sia immediata.