La responsabilità penale del titolare della parafarmacia per la vendita di farmaci da parte del dipendente privo dei requisiti di legge

Talvolta banali comportamenti possono determinare una responsabilità penale, per fortuna nel caso esaminato dalla Suprema Corte di Cassazione il proprietario di una farmacia è stato, dopo una travagliata vicenda, assolto.

La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 7100/2025, ha vagliato la responsabilità, a titolo di concorso, del proprietario di una parafarmacia per la vendita di farmaci da banco operata da soggetto non abilitato.

L’art. 5 co. 2 del D.L. n. 223/2006 prevede che il soggetto incaricato della vendita abbia conseguito la necessaria abilitazione.

Al titolare è stato contestato il reato di esercizio abusivo della professione ex art. 348 c.p., in quanto la sorella, priva dei requisiti previsti dalla disposizione richiamata, aveva venduto, in sua assenza, due farmaci da banco.

Il Tribunale di Catanzaro ha emesso nei confronti del titolare dell’esercizio commerciale una sentenza ex art. 131 bis c.p.

L’imputato, non condividendo le motivazioni della pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione, censurando la decisione sia per la carenza di prova circa il concorso nel reato che per l’insussistenza dell’elemento soggettivo.

La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, assolvendo l’imputato con la formula “per non aver commesso il fatto”, in quanto l’istruttoria non ha dimostrato che il titolare “avesse determinato, o comunque deliberatamente consentito, l’esecutrice materiale alla commercializzazione dei farmaci, né che avesse impartito direttive affinché lo facesse…”.