La nuova storia della rubrica dialoghi penali racconta la vicenda di un imputato tratto a giudizio per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti ex art. 171 co. 1 e 1 bis del D.Lgs. n. 285/1992.
L’accusato, in ragione delle poche possibilità di ottenere una pronuncia di assoluzione, decideva di richiedere la sospensione del giudizio con messa alla prova ex art. 168 bis e ss. c.p.
L’istituto assicura all’imputato l’estinzione del reato nell’ipotesi in cui presti per un tempo determinato dal giudice un lavoro di pubblica utilità e, al contempo, si adopri per eliminare le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato.
Nel caso in esame, l’imputato, regolarmente ammesso alla messa alla prova, ottemperava al programma redatto dall’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna), incorporato nel provvedimento del giudice che, al termine del periodo fissato, emetteva sentenza di estinzione del reato ex art. 168 ter c.p., irrogando, tuttavia, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.
L’imputato, non ritenendo legittima la pena accessoria applicata, adiva la Suprema Corte di Cassazione, evidenziando che, in assenza di una pronuncia che abbia accertato la responsabilità penale, non può essere comminata la sanzione amministrativa accessoria, che resta di esclusiva competenza del Prefetto.
La Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 17178/2023 ha accolto il ricorso e disposto l’eliminazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, con contestuale trasmissione della sentenza al Prefetto.