La vicenda giudiziaria affronta il tema della responsabilità penale del tecnico che si trova a redigere il certificato finale di collaudo allegato alla segnalazione di inizio attività, non verificando se il titolo abilitativo sia o meno legittimo.
Il caso deciso dal Tribunale di Salerno vedeva imputati due direttori dei lavori, chiamati a difendersi dall’accusa di falso ideologico in certificati ex art. 481c.p.
Il giudice di primo grado, all’esito dell’istruttoria, ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di due direttori di lavori, in quanto avevano attestato nella certificazione di collaudo finale che le opere realizzate erano conformi ai tipi progettuali presentati con la dichiarazione di inizio attività.
In secondo grado, la Corte di Appello di Salerno dichiarava la prescrizione del reato ex art. 481 c.p., confermando per il resto le statuizioni civili.
Gli imputati adivano la Suprema Corte di Cassazione che, con la pronuncia n. 43299/2023, ha rigettato i ricorsi.
La Corte ha evidenziato che “le false attestazioni contenute nella relazione di accompagnamento alla dichiarazione di inizio di attività edilizia (DIA) integrano il reato di falsità ideologica ex art. 481 c.p., in quanto detta relazione ha natura di certificato in ordine alla descrizione dello stato dei luoghi, alla ricognizione degli eventuali vincoli esistenti sull’area o sull’immobile interessati dall’intervento, alla rappresentazione delle opere che si intende realizzare e all’attestazione della loro conformità agli strumenti urbanistici ed al regolamento edilizio”.
Giova rilevare che, ai sensi dell’art. 23 co. 7 del D.P.R. n. 380/2001, il progettista o il tecnico abilitato, nel redigere il certificato finale di collaudo, devono solo attestare che le opere realizzate sono conformi al progetto allegato alla segnalazione di inizio di attività, senza verificare se il titolo abilitativo rilasciato sia o meno legittimo.
Il tecnico, come emerge dalla norme di settore, che redige il certificato finale di collaudo, che può essere anche un soggetto diverso dal progettista, non deve spingersi a verificare la regolarità del procedimento amministrativo conclusosi con il titolo edilizio.
Tuttavia, nel caso in esame, dall’istruttoria dibattimentale, emergeva che alcune opere realizzate risultavano diverse da quelle assentite sulla base della DIA rilasciata e, pertanto, il reato in contestazione risultava pacificamente integrato in relazione alle opere eseguite in assenza di un provvedimento autorizzativo.