La minaccia di licenziamento può integrare il reato di estorsione?

Spesso nelle piccole aziende i datori assumono dei comportamenti poco etici che possono integrare anche dei reati.

Pensiamo al datore che, approfittando di una situazione di crisi economica, prospetta ad alcuni lavoratori la possibilità di mantenere il posto di lavoro soltanto accettando una riduzione dello stipendio.

Tale condotta potrebbe integrare il reato di estorsione ex art. 629 c.p., che sanziona la condotta connotata da violenza o minaccia posta in essere per costringere taluno a fare o ad omettere qualche cosa. A tale comportamento deve conseguire per l’agente un ingiusto profitto e un danno per la vittima.

Ebbene tali elementi sembrano presenti nella condotta commessa dal datore diretta a conseguire, mediante la minaccia della perdita del lavoro, una riduzione della spesa sostenuta per il pagamento mensile degli stipendi.

Di recente, anche la Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 6620/2022 ha rilevato che la minaccia di licenziamento del datore diretta ad ottenere dal lavoratore la rinuncia ad una parte dello stipendio integra la fattispecie di cui all’art. 629 c.p.

Il reato di contro non è configurabile nell’ipotesi in cui il datore minacci di non procedere con l’assunzione se il lavoratore non accetterà una retribuzione inferiore.

In questo caso è pur vero che sussiste un ingiusto profitto, ma manca il danno per il lavoratore che, sebbene riceverà una retribuzione non congrua, non sarà più disoccupato.

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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