Oggi ci soffermiamo su una tematica che inerisce le società. Affrontiamo il tema della responsabilità dell’ente dipendente dalla commissione di un reato da parte di un soggetto apicale.
Nel novero di coloro che ricoprono posizioni apicali sono collocati i soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché soggetti che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo.
La commissione di un reato da parte di un amministratore può determinare l’elevazione di una contestazione a carico della società con il rischio di comminazione di sanzioni pecuniarie, interdittive, la confisca o la pubblicazione della sentenza di condanna.
Occorre rilevare che la commissione del reato da parte della persona fisica costituisce uno dei presupposti della responsabilità dell’ente.
Inoltre, il reato deve essere stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente, se l’interesse è, invece, esclusivamente del soggetto agente o di un terzo, la responsabilità è esclusa.
L’art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 individua i fattori che, ove provati, escludono la responsabilità della società.
In particolare, per escludere la responsabilità occorre che:
- l’organo dirigente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione (MOG) idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento sia stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (ODV);
- le persone che hanno commesso il reato abbiano eluso fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
- non sia stata omessa o vi sia stata insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di vigilanza;
Di contro, è intuibile che la Pubblica Accusa, attesa la pacifica applicazione delle regole relative al processo penale, dovrà dimostrare la mancata adozione di un MOG o che lo stesso non sia stato idoneo ad elidere o attenuare il rischio di commissione del reato, la mancata istituzione di un ODV ovvero l’omessa o insufficiente vigilanza da parte di quest’ultimo sul modello.
Di recente, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21640/2023, ha annullato la pronuncia di condanna emessa dai giudici di merito nei confronti dell’ente rilevando che “la responsabilità amministrativa per illecito delle persone giuridiche, pur essendo correlata alla commissione di un reato da parte di un soggetto nell’interesse o vantaggio della società, mantiene un’autonoma configurazione giuridica, che impone un’analisi del modello organizzativo per verificare carenze o mancanze del medesimo. In assenza di tale verifica, l’eventuale responsabilità del legale rappresentante per reato presupposto non si estende automaticamente alla persona giuridica”.
La Suprema Corte di Cassazione ha osservato che la pronuncia di merito aveva recepito acriticamente la tesi dell’accusa che, tuttavia, non aveva dimostrato l’interesse o il vantaggio per l’ente, né l’inidoneità del MOG adottato rispetto al rischio di commissione di illeciti della tipologia di quelli effettivamente verificatisi.