Estorsione e truffa aggravata dall’aver ingenerato nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario…

Oggi voglio parlarvi della sottile differenza tra il reato di estorsione ex art. 629 c.p. e quello di truffa aggravata ex art. 640 co. 2 n. 2 c.p., ovvero ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario.

Occorre preliminarmente inquadrare gli elementi identificativi delle due fattispecie.

Il delitto di estorsione è un reato plurioffensivo in quanto lesivo del patrimonio e della libertà di autodeterminazione. La fattispecie sanziona una condotta connotata da violenza o minaccia da cui discenda per l’autore un ingiusto profitto, mentre per la vittima un danno.

La coartazione nel reato di estorsione non consiste in una vis absoluta, ma deve lasciare al destinatario uno spazio di libertà. La vittima deve mantenere un limitato margine di scelta, potendo anche decidere di non sottostare alla volontà criminale dell’autore del reato. In assenza di scelta ricorrerebbe il reato di rapina ex art. 628 c.p.

Il reato di truffa, anch’esso preposto alla tutela del patrimonio e della libertà di autodeterminazione è, invece, caratterizzato dalla commissione di artifizi e raggiri da parte dell’autore nei confronti della vittima tale da consentire il conseguimento di un ingiusto profitto con l’altrui danno. Il delitto può essere aggravato dall’aver ingenerato nella vittima un pericolo immaginario da intendersi come inesistente ex art. 640 co. 2 n. 2 c.p..

Nell’ipotesi aggravata, gli artifizi o i raggiri devono essere tali da trarre in errore la vittima mediante la falsa rappresentazione di un pericolo inesistente. La ratio dell’aggravante si ritiene risieda nella natura particolarmente insidiosa de facto di chi fa percepire all’offeso un timore di un pericolo che non sussiste, specie perché il più delle volte costui versa in una situazione psicologica più debole rispetto all’agente.

Illustrati i caratteri peculiari dei due reati, cerchiamo di capire in cosa si differenziano.

Tra i due risalta la diversità dei “mezzi” per ottenere la collaborazione: gli artifizi o raggiri nella truffa e la minaccia o la violenza nell’estorsione.

La distinzione sfuma nel caso di contestazione dell’aggravante dell’aver ingenerato nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario, in quanto la peculiarità del raggiro ivi descritto è tale da creare nella sfera psichica del soggetto passivo una situazione molto vicina alla coartazione.

Non può fungere da elemento distintivo la natura immaginaria o reale del male prospettato, in quanto anche nel caso della estorsione il male minacciato può essere inesistente, ossia meramente paventato dal reo con la sua minaccia, senza che abbia un fondamento reale.

La dottrina risolve la questione osservando che nell’estorsione ricorre una minaccia che consiste nel rappresentare alla vittima un male come dipendente dalla volontà del reo, mentre nella truffa aggravata l’agente induce la vittima a credere erroneamente di potersi sottrarre al male che le viene prospettato grazie all’intervento salvifico del reo.

La Suprema Corte, con un recente arresto, ha evidenziato che il discrimine tra le due ipotesi di reato va individuato indagando gli effetti che si sono prodotti sulla volontà della vittima.

Se quest’ultima è manipolata ricorrerà l’ipotesi di truffa aggravata se, di contro, la volontà della vittima risulterà coartata la condotta sarà inquadrabile nel reato più grave di estorsione (Cfr. Cass. Penale n. 48269/2022).

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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