Nel 2022 ho dato vita alla rubrica “dialoghi penali” raccontandovi delle storie, naturalmente vere, di casi affrontati dalla Suprema Corte di Cassazione. Ho provato delle forti emozioni in quanto mi sono sentito, mentre scrivevo, parte di quelle vicende processuali, sebbene fossi, per una volta, soltanto uno spettatore. Di solito, invece, siedo accanto alla parte, imputato o parte civile, davanti al giudice e, mentre attendo, in religioso silenzio, che mi venga data la parola, sento un fremito, che preannuncia l’inizio della battaglia. Talvolta il mio avversario è la Procura, talvolta, un collega, in ogni caso, un avvocato vive per quei momenti in cui scende nell’arena e lotta, senza risparmiarsi, come un gladiatore.
In queste ore il bisogno di iniziare il 2023 con un nuovo racconto mi ha spinto ad accendere di fretta il computer e a scrivere.
Iniziamo subito..
Il protagonista del nuovo caso ha investito, alla guida della propria autovettura, due pedoni che attraversavano la carreggiata fuori dalle strisce pedonali.
La Procura ha contestato all’imputata di aver tenuto un comportamento colposo per non aver mantenuto una velocità adeguata alle caratteristiche e alle condizioni della strada (art. 140 del D.Igs. 30 aprile 1992, n. 285).
La velocità era stata tale da non impedire l’urto, provocando ai due pedoni lesioni giudicate guaribili in più di 40 giorni.
All’autista veniva contestato il reato di lesioni personali colpose disciplinato, all’epoca dei fatti, e cioè nel 2014, allorquando si verificò l’investimento, dall’art. 590 c.p. Oggi, invece, il reato di lesioni personali colpose con violazione delle norme sulla circolazione stradale è disciplinato dall’art. 590 bis c.p. introdotto dalle legge n. 41 del 23 marzo 2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24 marzo 2016. Si rileva, peraltro, che la fattispecie di cui al primo comma dell’art. 590 bis c.p. prima procedibile d’ufficio, oggi, con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, è diventata procedibile soltanto a querela di parte.
In primo grado l’imputata è stata assolta, tuttavia, la Cassazione ha censurato la pronuncia del Giudice di Pace in quanto in contrasto con i principi fissati dalla giurisprudenza.
Di seguito i principi esposti:
a) «Poiché l’esercizio del diritto di precedenza non può considerarsi illimitato, dovendo essere sempre subordinato al principio del “neminem laedere“, ove un pedone attraversi la carreggiata fuori delle apposite strisce, il conducente del veicolo è tenuto a rallentare la velocità e, addirittura, ad interrompere la marcia al fine di evitare incidenti che potrebbero derivare proprio da mancata cessione della precedenza a suo favore. Se ciò non faccia, la responsabilità per l’eventuale evento colposo verificatosi è sempre a lui attribuibile, pur se al comportamento del pedone possa, secondo le condizioni del caso, attribuirsi una efficienza causale concorsuale in base all’apprezzamento motivato del giudice di merito» (Cass. pen. sez. IV, n. 3347 del 24/1/1994, Pirani Rv. 197931);
b) «In caso di incidente stradale con investimento di pedone la repentinità dell’attraversamento da parte di questo non è sufficiente ad escludere la responsabilità del conducente che non abbia in precedenza osservato una condotta esente da colpa» (Cass. pen. sez. IV, n. 14567 del 5/5/1989, Pellegrini, Rv. 182380).
«In tema di circolazione stradale, l’abbagliamento da raggi solari del conducente di un automezzo non integra un caso fortuito e, pertanto, non esclude la penale responsabilità per i danni che ne siano derivati alle persone. In una tale situazione (di abbagliamento) il conducente è tenuto ad interrompere la marcia, adottando opportune cautele onde non creare intralcio alla circolazione ovvero l’insorgere di altri pericoli, ed attendere di superare gli effetti del fenomeno impeditivo della visibilità (Conf. Mass. n. 152760)».
Il Tribunale, quale giudice del rinvio, investito dalla Corte Suprema di Cassazione di un nuovo vaglio, emetteva nuova sentenza di assoluzione, rilevando che all’autista non poteva muoversi alcun addebito a titolo di colpa. Difatti, non era stata dimostrata, in sede di istruttoria dibattimentale, né una colpa specifica (velocità non prudenziale) né una colpa generica. Dalle deposizioni testimoniali emergeva soltanto la bassa velocità tenuta dal conducente, l’assenza di segni di frenata e la visibilità ridotta. Tutti elementi neutri, inidonei a fondare la violazione di una regola di cautelare. Di contro, la descrizione del comportamento dei pedoni aveva mostrato una chiara e manifesta imprevedibilità, in quanto si erano improvvisamente e imprudentemente riversati in strada. La pronuncia assolutoria veniva confermata dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 45899/2022.