Insulti agli alunni: abuso dei mezzi di correzione o maltrattamenti contro familiari e conviventi?

Riparte la rubrica “dialoghi penali” e affronta una vicenda particolarmente grave verificatasi all’interno di una scuola. La protagonista è una maestra, condannata per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art. 572 c.p.

La decisione in esame ha sviscerato il rapporto tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina ex art. 571 c.p. e quello di maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art. 572 c.p..

L’imputata è un’insegnante, accusata di aver impiegato nei confronti di diversi alunni epiteti ingiuriosi gravi, anche di matrice razzista.

In forza di tale condotta il giudice di primo grado ha emesso sentenza di condanna per il reato più grave di maltrattamenti contro familiari e conviventi.

La maestra non accettando la pronuncia di condanna decideva di adire la Suprema Corte di Cassazione, sostenendo che la sentenza non avesse correttamente vagliato il reato sotto il profilo soggettivo, dal momento che l’intento non era di sicuro quello di maltrattare gli alunni, bensì di correggere alcuni comportamenti tenuti durante le lezioni.

Vediamo cosa è accaduto…

Il ricorso è stato rigettato in quanto il discrimine tra le due fattispecie non riguarda il profilo soggettivo. Quindi, non rileva se l’agente abbia agito nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità o, di contro, per finalità meramente educative.

La distinzione tra le due fattispecie penali riguarda, invece, il profilo oggettivo.

Secondo la Corte, l’uso sistematico della violenza fisica o psicologica, purtroppo accertato nel caso in esame, integra il reato più grave previsto dall’art. 572 c.p. , che non può essere escluso dall’animus corrigendi (Cass. Penale n. 43434/2022).

Per questo motivo, come già ribadito in altre pronunce, “gli atti di violenza esercitati da un’insegnante di scuola materna nei confronti di infanti di tre anni devono essere qualificati come maltrattamenti in famiglia e il compimento sistematico di atti di natura vessatoria integra il reato previsto dall’ art. 572 c.p.. Ciò non muta qualora le condotte dell’agente siano sorrette da un intento educativo o animate da spirito “di protezione” , atteso che il reato di maltrattamenti è configurabile in caso di comunicazione fisica e violenta in ambiente scolastico”.

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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