Stasera vi racconto la storia di un uomo ingiustamente accusato del reato di resistenza a pubblico ufficiale disciplinato dall’art. 337 c.p.
Per fortuna, dopo un lungo processo è riuscito a dimostrare la propria innocenza.
L’ art. 337 c.p. sanziona le condotte connotate da violenza o minaccia commesse per opporsi ad un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto del suo ufficio.
Nel nostro caso il protagonista veniva arrestato per essersi opposto alla perquisizione della propria auto da parte di due agenti che lo ritenevano in stato di ebbrezza, circostanza smentita dai successivi esami effettuati in ospedale.
Il giudice di Prime Cure, dopo aver escusso l’unico testimone presente, aveva assolto l’uomo, ritenendo che la perquisizione fosse effettivamente illegittima, in quanto l’imputato non era in stato di ebbrezza e, pertanto, il comportamento di opposizione posto in essere a danno degli agenti era da ritenersi scriminato ai sensi dell’art. 393 bis c.p..
La disposizione succitata esclude la responsabilità penale dell’autore del reato che abbia posto in essere una condotta minacciosa o violenta quale reazione ad un atto “arbitrario” del pubblico ufficiale.
Si tratta di una causa di giustificazione che si fonda sul diritto del cittadino di reagire ad un atto illegittimo del P.U., che nel caso in esame era la perquisizione dell’autovettura effettuata in assenza di un giustificato motivo.
Per atti arbitrari devono intendersi i comportamenti posti in essere in esecuzione di pubbliche funzioni di per sé “legittimi”, ma connotati da difetti di congruenza tra le modalità impiegate e le finalità per le quali è attribuita la funzione stessa, in quanto violativi degli elementari doveri di correttezza e civiltà che debbono caratterizzare l’agire dei pubblici ufficiali.
Ciò nonostante, il Procuratore Generale adiva la Suprema Corte di Cassazione per ottenere l’annullamento della pronuncia di assoluzione che, tuttavia, veniva confermata in quanto nel caso in esame si era in presenza di una condotta che, rispetto ad un soggetto che non era in stato di ebbrezza e non aveva assunto sostanze stupefacenti, fu obiettivamente caratterizzata da modalità vessatorie e da una ingiustificata prevaricazione” (Cfr. Cass. Penale n. 31365/2022).