L’interpretazione della definizione di “privata dimora” nell’ambito delle intercettazioni ambientali ex art. 266 c.p.p. è stata affrontata, di nuovo, dalla Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 32010/2022.
L’occasione è originata dall’impugnazione di un’ordinanza di conferma della misura coercitiva degli arresti domiciliari da parte del Tribunale del Riesame di Napoli nei confronti di un magistrato salernitano, indagato per i reati di corruzione in atti giudiziari, induzione a dare o promettere utilità e rivelazione di segreto d’ufficio, commessi abusando della propria qualità di sostituto presso la Procura della Repubblica.
La prova regina impiegata per “incastrare” il sostituto procuratore consisteva in alcune l’intercettazioni ambientali, effettuate nel suo ufficio.
La difesa del magistrato adiva la Suprema Corte di Cassazione sostenendo l’inutilizzabilità delle intercettazioni in quanto effettuate all’interno dell’ufficio, luogo da considerarsi di privata dimora dal momento che sussistevano i tre elementi richiesti dalla giurisprudenza affinché lo stesso possa considerarsi tale e, in particolare: a) il luogo era adibito a manifestazioni della vita privata al riparo da intrusioni esterne; b) tra il luogo e la persona sussisteva un rapporto di durata apprezzabile e non connotato da mera occasionalità; c) l’inaccessibilità del luogo da parte di terzi in assenza del consenso del titolare.
Per comprendere meglio la questione occorre richiamare il co. 2 dell’art. 266 c.p.p. il quale prevede che nel caso di intercettazioni ambientali, “qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall’articolo 614 c.p., l’intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa”.
Giova rilevare che l’individuazione dell’esatta nozione di privata dimora richiamata dall’art. 614 c.p. ha acceso un forte dibattimento in giurisprudenza.
L’orientamento prevalente, oramai cristallizzato, ritiene che per privata dimora debba intendersi “il luogo adibito ad esercizio di attività che ognuno ha il diritto di svolgere liberamente e legittimamente, senza turbativa da parte di estranei, senza che peraltro ciò implichi che tutti i locali dai quali il possessore abbia diritto di escludere le persone a lui non gradite possano considerarsi luoghi di privata dimora, in quanto lo ius excludendi alios rilevante ex art. 614 c.p., non è fine a se stesso, ma serve a tutelare il diritto alla riservatezza, nello svolgimento di alcune manifestazioni della vita privata della persona, che l’art. 14 Cost., garantisce, proclamando l’inviolabilità del domicilio”.
Nel caso in cui l’intercettazione ambientale venga operata in un luogo inquadrabile fra quelli di privata dimora occorrerà anche, ai fini dell’utilizzabilità della predetta, che si stia svolgendo un’attività criminosa.
La Corte nel rigettare il ricorso ha ritenuto l’ufficio del sostituto non inseribile tra i luoghi di privata dimora in ragione della possibilità di accesso allo stesso da parte di un numero rilevante di persone. La recente statuizione si è posta in continuità con un analogo precedente, che ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni tra presenti eseguite in un ufficio comunale, nell’ambito di un’inchiesta che vedeva indagato il sindaco dell’Ente.