Reato di turbativa d’asta: risponde del reato chi non dichiara i precedenti penali?

Oggi affrontiamo un caso molto interessante per tutti coloro che partecipano a gare bandite dalla Pubblica Amministrazione.

L’imputato, un imprenditore, veniva accusato del reato di turbata libertà degli incanti disciplinato dall’art. 353 c.p. per aver turbato la gara a cui partecipava in due tempi: “prima nascondendo di essere gravato da precedenti penali mediante l’occultamento della riconducibilità a sé della società con il trasferirne la rappresentanza legale e le quote sociali ad un terzo; successivamente presentando, dopo che la società era stata esclusa dalla precedente gara con annullamento in autotutela della aggiudicazione, altra domanda di partecipazione con altro soggetto giuridico, di cui era consigliere e legale rappresentante, senza dichiarare i precedenti penali suoi e di altri componenti del consiglio di amministrazione e accordandosi con il presidente del consiglio per non fare comparire nella compagine societaria la società di cui era socia una donna, il cui precedente penale avrebbe impedito la partecipazione alla gara”.

Il reato, collocato nel capo dei delitti contro la pubblica amministrazione, punisce le condotte che con violenza o minaccia, doni, promesse o collusioni o altri mezzi fraudolenti impediscono o turbano la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private ovvero ne allontanano gli offerenti.

La nozione di “mezzi fraudolenti” ha destato i maggiori dubbi. Sul punto, la giurisprudenza ha evidenziato che può rientrare nella nozione suindicata ogni attività ingannevole che sia idonea ad alterare il regolare funzionamento di una gara.

Difatti, la turbativa di una gara sussiste se il comportamento dell’agente lede il principio della libera concorrenza che la norma incriminatrice intende tutelare sia nell’interesse dei partecipanti, nei quali si è creato l’affidamento della regolarità del procedimento, sia nell’interesse dell’amministrazione.

I giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto l’imputato colpevole del reato p. e p. dall’art. 353 c.p., tuttavia, nonostante la duplice pronuncia di condanna, il reo decideva di adire la Suprema Corte di Cassazione.

Ebbene, quest’ultima ribaltava il verdetto, pronunciando una sentenza di piena assoluzione. Nella pronuncia si chiarisce che il falso commesso non era idoneo ad alterare il regolare svolgimento della gara, atteso che la presenza o meno del requisito soggettivo (assenza di precedenti penali) incide soltanto sul diritto di partecipare alla gara, che costituisce una fase preliminare rispetto alla successiva deputata a valutare le offerte presentate.

La falsità commessa potrà integrare il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, ma non collocarsi nella categoria dei “mezzi fraudolenti”, in quanto il mendacio rileva esclusivamente per l’ammissione alla gara e non può produrre effetti sul regolare svolgimento della stessa. (Cfr. Cass. Penale n. 24772/2022)

Pubblicato da Fabio Torluccio

Mi chiamo Fabio Torluccio e sono un avvocato penalista Salerno. Iscritto all'albo degli avvocati dal 2014 e mi occupo di difesa penale e consulenza no profit.

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